thiene – strada dei carrubi – rif.Papa (m.1929)

A volte le disgrazie portano aspetti positivi. Se non avessi avuto i postumi della distorsione al piede, ieri non sarei mai arrivato fin lassù. Giornata incredibilmente tersa, un emozionante panorama sulla pianura.
Partenza da Thiene, con pedalate calme come i saggi sanno fare. Divertente fino a Posina, con qualche saliscendi, in parte sulla ciclabile ricavata dal vecchio tracciato ferroviario. Da qui salita al passo Xomo. 500 metri su asfalto, in mezzo alla natura e con qualche sporadica auto. Una volta arrivato al passo, 1000 metri circa, mi accorgo di aver sottovalutato l’impresa. Il fiato è corto, mi assale lo sconforto nel vedere la quota del Rif.Papa sul cartello. Sto quasi per girare la bici e dirigermi verso la facile stradina per il pian delle Fugazze, ma ecco che arrivano una mandria di motociclisti diretti per di là. E’ guerra con me stesso, dopo aver finito lo spuntino parto in direzione Rif.Papa. La strada militare dei carrubi parte sconnessa, molto sconnessa. A tratti devo scendere perché la ruota della mia cross è troppo sottile e affonda nei sassi. A tratti devo scendere perché non ce la faccio più. Vedo in altro lo scollinamento, che non arriva mai. Quando arriva, mi accorgo che manca ancora da attraversare l’intero versante ma con pendenze molto più blande. Arrivare al rif.Papa mi pesa, e non poco. Il panorama aiuta ma la fatica è troppa, devo stare concentrato e non sono ammesse inutili distrazioni. I muscoli implorano perdono, ricorro a tutti i mezzi a me disponibili: solo pastigliette di enervit. Ma se avessi avuto altro, l’avrei usato. L’arrivo è esaltante, è una liberazione. E’ finita. Mangio quello che ho bisogno e riparto. Purtroppo la strada degli eroi si rivela quasi proibitiva per la mia bici. A tratti devo quasi fermarmi perché rischio di perdere l’equilibrio. Poi migliora, ma la mia velocità aumenta. Cerco di tenere sotto controllo la scala richter, ma mi sento un proiettile impazzito che viene deviato in qua e là ogni qualvolta la ruota anteriore urta un sasso. Ogni tanto arriva qualche brutto colpo: sassi sui pedali, sui freni, sui cerchi. Attimi di tregua sono i tornanti asfaltati. Ma la situazione lentamente migliora abbassandomi di quota. Arrivato alla strada devo fermarmi un attimo per riprendermi dai dolori alla schiena e al collo. Sulla strada poi è come viaggiare sull’olio, cedo alla tentazione di lanciarmi e, superata qualche auto refrattaria a lasciarmi passare, rallento solo dopo aver superato i 65 Km/h. A Schio la pianura. la triste pianura. Il ritorno repentino alla civiltà mi fa uno strano effetto. Mi pare di essere su una terra maltrattata, disdegnata. I paesani sono in giro per la passeggiata domenicale, ma ho come l’impressione che, data la vicinanza dei centri, quelli di Schio vadano a passeggiare a Thiene e quelli di Thiene a Schio. Il territorio abbandonato è stato rioccupato da gente ancora più povera, gli immigrati di colore, che sembrano trovarsi a loro agio sul bordo di strade degradate. Ancora gli ultimi 10 km. Mollo, è fatta. Saranno 92 i chilometri percorsi. Mi emoziona osservare il contachilomentri. All’arrivo mi concedo uno spicchio di pizza. E’ incredibile come, in certe situazioni, anche un pezzetto di pizza sembri una piccola fortuna. E’ stato un viaggio emozionante, istruttivo, necessario. Sentivo sempre parlare del Pasubio, dovevo per forza salire a vedere com’era.

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