L’ultima impresa di Hervé Barmasse

Hervé e’ partito dal Bivacco Bossi ha scalato la cresta di Furggen, è sceso dalla cresta dell’Hörnli, ha attraversato la base della parete Nord, ha risalito la cresta di Zmutt ed è sceso nuovamente dalla cresta del Leone arrivando alla capanna Carrel, dove lo attendeva suo padre Marco, dopo solo 17 ore. L’alpinista valdostano ha poi continuato da solo la discesa verso Cervinia. L’abbondante neve presente sia sulla discesa della via normale svizzera dalla cresta dell’ Hörnli, sia in salita sui dentini di Zmutt e nella parte finale della cresta medesima, ha creato non poche difficoltà: alta fino alla vita, rendeva rischioso ogni movimento all’alpinista che procedeva slegato.

herve barmasse

«Dietro a questa impresa, nessuna idea di record (altrimenti l’estate e la bella stagione sarebbero stati i momenti o la stagione più opportuna per quel genere di impresa) – ha dichiarato Hervé – ma la ricerca dell’ingaggio, dell’incertezza, e del confronto montagna/uomo, che è l’essenza dell’alpinismo; per questo motivo il percorso è stato affrontato in completa solitudine e nella stagione meno adatta e più fredda; pur sapendo che nessuno era mai riuscito nel progetto».
Tra le curiosità da ricordare, il padre Marco Barmasse aveva compiuto la prima solitaria della Via degli strapiombi, aperta da Luigi Carrel, detto il Carrellino, durante il record stabilito nell’estate del 1985 a 36 anni. Hervé Barmasse, sempre a 36 anni, ha effettuato il concatenamento invernale e la via degli strapiombi in prima assoluta.
Con questi due exploit, Hervé Barmasse, ha riportato ancora una volta l’attenzione sulle scalate alpine e un alpinismo a chilometri zero, senza rincorrere montagne himalayane, terre lontane o valli sperdute, ma semplicemente usando fantasia e immaginazione.

Chiedimi perché vado in montagna

– Chiedimi perché vado in montagna. Chiedimi perché, quando il resto mi sta stretto, l’unica via è il sentiero. Chiedimelo.
– Perché?
– Perché in montagna non puoi sprecare fiato per parole inutili. Lo devi conservare per arrivare in cima, e il resto è silenzio o parole gentili.
Perché l’unico peso è lo zaino. Non c’è peso per il cuore.
Perché tutti, se lo desiderano, possono arrivare in cima. Solo un passo dietro l’altro.
Perché incroci persone che trovano ancora un momento per salutarti.
Perché non ci sono orpelli: ci sei tu e c’è il tuo corpo, che devi custodire e curare, se vuoi avere le forze. C’è il cielo con i suoi umori. Non si scherza con la pioggia, il vento, la neve o la notte. Devi fare molta attenzione, e tornare a quello stadio primitivo in cui la natura e i suoi movimenti erano parte della tua vita, parte integrante del tuo quotidiano. Non puoi snobbare la natura, in montagna: ti tira per la manica, ti chiede di guardarla, di studiarla, di esserle presente.
In montagna puoi e devi essere presente a te stesso, senza distrazioni.
Forse è per questo che, sopra tante vette, telefonini e internet funzionano a singhiozzo… è la natura che ti dice: “Lascia stare, lascia stare il superfluo. Stai con gli amici. Stai con gli animali. Stai con te stesso. Non ti serve nient’altro”.