Di quella volta che ho fatto arrabbiare groupon

groupon

Giusto al termine di una giornata in cui si parla di come in realtà molti blogger siano diventati un paid medium, discussione scatenata da questo splendido post di Mafe De Baggis – che adoro –  vi faccio vedere quanto costa, talvolta, la propria indipendenza (me la tiro un po’: ebbene, sappiate che non sono stato pagato da groupon)

La mail qui sopra mi è stata inviata da un tale che si dichiara “dipendente di groupon”, che evidentemente ha letto questo mio post su groupon.

Parliamone: la cosa che mi brucia di più è che mi abbia fatto notare un refuso: lo so, qual è si scrive senza accento. Ma io ci metto l’accento da quando ancora giocavo con i lego, non ci posso fare niente. Salvo inveire contro il mio detrattore grammar nazi (anche se, in realtà, avrei pure io qualcosa da ridire sulla correttezza grammaticale del suo messaggio).

Luigi – lo chiamerò così per rispetto alla sua privacy – non intendo certo dichiararmi professore di marketing: qualora avessi l’intenzione di diventarlo, sicuramente mi rivolgerò a te. Ho semplicemente espresso la mia opinione, riguardo al fatto che molti esercenti si affidano alle promozioni di groupon semplicemente perchè non sono in grado di farsi in casa questo servizio. Salvo, poi, trattare il cliente di serie B diversamente dal cliente di serie A che, da pollo, ha pagato il prezzo intero. Cosa che fa un’impressione piuttosto cattiva (credi che quel cliente tornerà? e mi pare l’unica speranza per l’esercente, che sicuramente non ha guadagnato molto dalla promozione).

Continuo ad essere convinto che la maggior parte degli esercenti che si affidano a groupon, in realtà non stiano facendo un buon marketing. Ovvero, che stiano pagando a caro prezzo uno strumento che rischia di dare un ritorno piuttosto basso. Non credi sia meglio offrire ai clienti un buon servizio, un’accoglienza straordinaria, e al termine della serata chiedergli di lasciare il proprio indirizzo email, in modo da essere informati su eventi e serate a tema?

E-commerce: ecco cosa cambia dal 13 Giugno 2014

Entrerà in vigore il 13 Giugno un decreto legislativo da poco approvato, che recepisce una direttiva europea del 26 Marzo, semplificando e armonizzando i diritti e le garanzie per chi compra on line. Le regole che entreranno in vigore si applicheranno solo alle operazioni di acquisto di importo superiore a 50 euro.

Vediamo di cosa di tratta:

  • ci saranno 14 giorni di tempo (ora il termine è 10 giorni) per restituire la merce esercitandio il diritto di recesso, a decorrere dal momento in cui si riceve il prodotto. Il termine sale a 1 anno e 14 giorni (dai 90 al massimo attuali) nel caso in cui l’acquirente non sia stato informato di questa facoltà.
  • il negoziante sarà obbligato a restituire la somma, nei 14 giorni successivi al ricevimento dell’informativa di restituzione della merce
  • il negoziante sarà obbligato a dichiarare i costi che il consumatore dovrà sostenere in caso di restituzione della merce.
  • i costi di restituzione saranno a carico del merchant, se le spese non sono state palesate in anticipo
  • al negoziante che non rispetta le nuove regole rischierà una multa che va da un minimo di 5 mila euro ad un massimo di 50 mila euro, in casi molto gravi.

Insomma, trasparenza e sicurezza, sembrano queste le parole chiavi delle nuove regole per l’E-commerce e la speranza è che si possa anche ottenere un maggiore aumento negli acquisti online. Vedremo cosa succederà nei prossimi mesi.

Una normativa nel segno della trasparenza che dovrebbe dare una spinta al commercio online, già in crescita in tutti i paesi del mondo.