Matrimonio d’arte, il networking che funziona

Grande successo di pubblico per l’evento “Live @ Ca’ dei Ricchi”, tenutosi il 26 Ottobre scorso in una stupenda palazzina in stile veneziano, nel pieno centro di Treviso.
L’occasione è stata la presentazione degli scatti del fotografo Alfonso Papa: protagonista la sposa, ritratta nel giorno più bello della sua vita.

Alfonso Papa e Armando Badalucco, fondatore di Armando Parrucchieri, danno vita a Matrimonio d’arte, un network di professionisti nel mondo del wedding, con l’obiettivo di realizzare la loro idea di matrimonio, un progetto di immagine e stile. Per la creazione degli eventi, l’organizzazione e la scelta delle location vengono coinvolte Sara ed Alessia.

Si uniscono al progetto Annarita Battaggia, fondatrice dell’atelier sposa Oui Chéri, che si distingue per l’attenzione nello scoprire per ogni sposa uno stile che la rappresenti e renda unica nel giorno del suo matrimonio; Maui make up, di Maurizia Fagaraz, specializzata nell’interpretare la sensibilità ed il gusto della sposa e saper per dipingere il trucco più adatto.

All’evento ha partecipato infine la pasticceria creativa Sucrè, che disegna e realizza una wedding cake completamente personalizzata, sempre originale e creativa.

Matrimonio d’arte risulta essere un progetto che funziona: coerente ed interessante, in grado di proporre un nuovo tipo di matrimonio, grazie a professionisti di altissimo livello.

 

ALFONSO PAPA
La fotografia, l’immagine
Fotografo freelance, diplomato allo IED e appassionato di stile e tendenze, collabora con diverse agenzie di comunicazione e riviste di settore in un percorso artistico e di ricerca personale, specializzandosi nella fotografia di moda, di wedding reportage e nella post produzione digitale.

ARMANDO PARRUCCHIERI
L’acconciatura, l’immagine
Il negozio di Armando, un piccolo laboratorio artigiano del capello, è un luogo dedicato alla bellezza di donne e uomini, in cui passione, entusiasmo e professionalità si fondono assieme in un progetto di stile, unico.

MAUI MAKE UP
Il trucco, l’immagine
L’anima, le mani, la creatività di Maurizia accompagnano le spose nella ricerca di quello stile che le rappresenta, di quell’immagine che illumina e rafforza la loro personalità. Conoscere, capire, interpretare la personalità ed il gusto della sposa per dipingere su di lei il trucco più adatto, in stile con se stessa.

OUI CHERI
L’abito, l’immagine
In un luogo fuori dal tempo, un po’ atelier e un po’ salotto, Oui Chéri colpisce immediatamente l’immaginazione con le sue atmosfere romantiche, il suo gusto retrò dove gli abiti sono indiscussi protagonisti ed interpreti di una sposa che punta all’unicità, all’eleganza e allo stile.

SEVENTEEN & CO.
La grafica, l’immagine
Ricercatrice instancabile dell’equilibrio estetico in tutte le sue forme, Antonella è un’artista digitale con vent’anni di esperienza nel campo della comunicazione visiva.

 

Jerry Moffatt – Topo di falesia

“Topo di falesia” narra le vicende di Jerry Moffatt, uno dei maggiori esponenti dell’arrampicata sportiva tra gli anni ’80 e ’90

Agli inizi degli anni ’80 la disciplina sportiva che oggi conosciamo come arrampicata sportiva era appena nata, e non possedeva i contorni definiti di oggi: possiamo dire che era ancora mescolata all’arrampicata tradizionale, inoltre la tecnica ancora rudimentale non aveva permesso di esprimere appieno il suo potenziale: l’eccezionalità di Jerry Moffatt consiste nel fatto di essere stato un precursore capace di raggiungere livelli mai raggiunti prima, che per anni sono stati un riferimento assoluto.

Jerry, nato nel 1963, iniziò ad arrampicare nel 1978, a quindici anni, con il club d’arrampicata della sua scuola, il St David’s College a Llandudno, mostrando fin da subito la sua tenacia a diventare un numero uno.

“Cosa mi piace di questo sport? Bruciare gli altri scalatori, lasciarli indietro”. Fu questa la risposta che, non ancora ventenne, diede ad un giornalista americano durante un’intervista rilasciata davanti alle telecamere. Una risposta forte, decisa, quasi arrogante, che dà subito l’idea del suo carattere ambizioso. Jerry possedeva una determinazione irriducibile a diventare il miglior arrampicatore al mondo, e concentrò tutte le sue energie nel raggiungimento di questo obiettivo al punto da farne un’ossessione.
Capì subito che per diventare il migliore era necessario incontrare le persone giuste: iniziò a girare il mondo da globetrotter, arrampicando nelle falesie più dure al mondo ed incontrando i climbers più famosi. A 17 anni andò a vivere nei pressi della falesia di Stoney Middleton: i climber vivevano in mezzo allo sporco in un legnaia: nessuno aveva un lavoro, passavano le giornate dando il massimo di se stessi nell’arrampicata.

Così scrive Jerry riguardo al training che lo portò alla clamorosa vittoria in Coppa del Mondo:

“Conservo ancora quel diario. In fondo a ogni pagina, giorno dopo giorno, c’è scritto: “Sono il migliore al mondo, riesco sempre in quel che faccio. Posso salire un 8a flash. Il mio gioco di piedi è preciso ed efficace, i miei movimenti sulla roccia rapidi e fluidi. Ho tempo a disposizione per provare e riprovare ogni movimento, perché sono in grado di recuperare in fretta. Posso scrollare le braccia e defaticare in qualsiasi momento. Sono il più forte, e il più allenato.”

In un’intervista pubblicata in italiano su Planetmountain.com, alla domanda “Cosa ti portava in cima alle vie, al vertice di questo sport?”, risponde:

“Credo che per arrivare al top di qualsiasi sport devi avere la genetica giusta, il tipo di corpo giusto, la fibra giusta. Poi devi avere una motivazione e determinazione costante. Da quello che ho visto, è per questa motivazione e determinazione che molta gente non riesce ad esprimersi al massimo ed io ero sempre molto forte da questo punto di vista.”

Quale il significato dell’arrampicata?

“L’arrampicata ha un significato diverso per ognuno di noi: per qualcuno è solo un modo di prendere un po’ d’aria fresca, per altri è un’avventura, per altri ancora un’attività sociale, un modo per stare con gli amici. Per me, più di tutto il resto, scalare voleva dire dare il cento per cento di me stesso su ogni via, a ogni movimento, durante ogni seduta al trave. […]
Quando la gente mi chiedeva se fossi tornato a scalare, cercavo di spiegare loro cos’è per me lo scalare. Pan Gullich cinque volte a settimana, due volte al giorno. Trazioni con sovraccarico. Essere a dieta trecentosessantacinque giorni l’anno, stando attento a qualsiasi cosa mi capiti nel piatto. Trovare la via più dura al mondo e andarla a ripetere. Ecco cos’è, o, perlomeno, cos’era. Come Beckham, anch’io gareggiavo nei palazzetti più prestigiosi contro i migliori al mondo. Ci voleva un sacco di dedizione, e forse ora non sarei più in grado di farlo. Il mio corpo non ce la farebbe più, e comunque non avrei il tempo. Ecco perché, in un certo senso, no, non posso tornare a scalare.”

Topo di falesia” è un libro che consiglio anche per chi non è appassionato di arrampicata: è un libro che aiuta a cercare il meglio di sè stessi e fa capire che con la giusta motivazione e determinazione costante possiamo raggiungere traguardi importanti.

Guarda questo trailer dell’editore Versante Sud:

Terzani? Non va più di moda

Il regista Mario Zanot vuole realizzare un film su Tiziano Terzani, a 10 anni dalla sua scomparsa. Da tutti i paesi arrivano finanziamenti, solo dall’Italia rispondono “Terzani?  Non va più di moda”. Da qui il progetto di finanziamento popolare.

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Lo scorso 5 Ottobre la Chiesa di San Gregorio a Treviso ha ospitato la “Chiamata alle arti“, evento realizzato grazie agli sforzi del creative director e film-maker Gerardo De Pasquale, che ha chiesto la collaborazione mia (faccio parte tra l’altro del comitato di gestione della Chiesa), di Carlo Flora, conduttore dell’evento, e di Grafiche Vianello. La serata è stata impreziosita dalla voce narrante di Paola Soligo, dalle musiche del quartetto d’archi Archimede e del trio jazz TRI-O-GGE77. Voglio ringraziare in particolare i musicisti del quartetto catanese Enzo Ligresti (primo violino), Corrado Genovese, Gaetano Adorno e Benedetto Munzone, e anche la bravissima cantante jazz Eleonora Biasin accompagnata dal sax baritono Mauro Bordignon e dalla batteria Davide Michieletto.
All’evento ha partecipato anche il regista Mario Zanot, una persona semplice nel modo in cui solo i grandi sanno essere. Zanot, Regista, sceneggiatore e giornalista, sceneggiatore, aiuto regista e visual effector di film come Baarìa, Habemus Papam, La miglior offerta, Diaz, vincitore del David di Donatello 2013, già autore dell’intervista-documentario Anam il senza nome, è stato accolto da un pubblico che è subito entrato in sintonia con il suo sogno, quello di realizzare il film sul libro “Un indovino mi disse”, scritto dall’amico Tiziano Terzani, tradotto in 22 lingue e con 2.500.000 copie finora vendute. Un libro che è stato importante nella vita di tante persone, me compreso. Terzani, da corrispondente di guerra a uomo di pace, profondo conoscitore dell’Asia, è ancora nel cuore di moltissime persone, me compreso: In Asia, Lettere contro la guerra, Un altro giro di giostra, la fine è il mio inizio fanno parte di quei libri “divorati” che porti per sempre dentro di te.
Il film “Un indovino ci disse” vuole essere un omaggio al pensiero di Terzani, in occasione del decennale dalla sua morte (che ricorre a Luglio 2014).
Da tutto il mondo arrivano contributi per la sua realizzazione, solo in Italia il regista Zanot trova tutte le porte chiuse, comprese quelle della RAI che pure investe somme considerevoli in fiction come quella sulla vita di Oriana Fallaci. Allora decide di dare vita ad un progetto di finanziamento popolare, portando in giro per l’Italia una serata fatta di filmati, musica, poesia.

Il suo appello al termine della serata risuona come un fulmine a ciel sereno: ogni tipo di contributo, anche minimo, contribuirà a realizzare il suo sogno: aiutare a manterere viva in noi l’immagine di Terzani.

Il pubblico, fatto in prevalenza da gente semplice (uso in modo provocatorio questo aggettivo), ha risposto molto generosamente all’appello: significa che in molti crediamo ancora ai sogni. Forse vuol dire che abbiamo anche bisogno di continuare a crederci, perchè sappiamo che solo attraverso i sogni possiamo dare il nostro contributo per un mondo migliore.

Le aziende italiane sconfiggono la crisi grazie all’ecommerce

Solo tre pmi italiane su dieci vendono tramite ecommerce, ma quelle che lo fanno stanno sconfiggendo la crisi

Lo afferma una ricerca Google-Doxa eseguita su 5 mila pmi italiane, presentata a Capri all’evento annuale di Between su telecomunicazioni e agenda digitale. Roberto Liscia – presidente di Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano, afferma che

“le imprese italiane che hanno commercializzato i propri prodotti online oltre confine sono riuscite a compensare meglio la crisi o addirittura hanno ottenuto un incremento nel proprio fatturato. Al crescere del livello di maturità digitale, aumenta la percentuale di Pmi che intrattengono rapporti internazionali di vario tipo e la percentuale di imprese che fanno export, con risultati molto promettenti per le imprese di minori dimensioni. La percentuale di piccole imprese che intrattengono relazioni con l’estero – grazie all’uso maturo di strumenti digitali – è quattro volte superiore alla percentuale di aziende non digitalizzate “

Le aziende che usano correttamente i canali digitali dispongono quindi di un notevole vantaggio competitivo, che ha un notevole impatto sul fatturato: le imprese digitalmente avanzate dichiarano in media che il 24% del fatturato derivante dall’export è realizzato proprio attraverso il canale digitale. Prosegue Roberto Liscia:

“con la percentuale europea più alta di utenti che non hanno mai usato internet, il 37%, e quella più bassa di acquirenti online, solo l’11%, l’Italia vanta un gap digitale che sta rallentando la diffusione dell’eCommerce. La soluzione del gap, tuttavia, non passa solo da un intervento infrastrutturale sulla banda larga ma, anzitutto, da un’educazione al digitale che riduca la sfiducia nel mezzo generata da una sua limitata conoscenza”

In sostanza gli italiani e le aziende subuscono le conseguenze della carenza di cultura digitale che non permette loro di guardare ai mercati internazionali. Molte aziende hanno ancora paura ad investire nel web: affermo spesso che si tratta di un processo a volte lungo, che passa attraverso non solo la formazione, ma anche la presa di coscienza che il sito internet non deve essere trattato come un biglietto da visita, bensì come un essenziale mezzo che permette di raggiungere il loro pubblico. Nel spiegare questi concetti, è necessario mettere da parte ogni tipo di tecnicismo e mostrare – per esempio – dati relativi ai risultati concreti raggiunti. La percentuale di conversione di una landing page, raggiunta attraverso attività di SEO, pay per click su motori di ricerca e social network.

Visite provenienti dalla prima pagina delle SERP di Google

Il principio base, lo sappiamo tutti, è che il traffico proveniente da una pagina di Google (SERP) diminuisce molto velocemente all’aumentare della posizione.

Secondo uno studio di Opify è essenziale apparire in prima pagina, e sono assolutamente d’accordo con questa affermazione. Secondo Chitika la prima pagina delle SERP porta il 91,5% del traffico: rende molto bene l’idea del calo di traffico per le pagine successive il seguente grafico:

Percentage of Google Traffic

Tuttavia non è sufficiente essere presenti nella prima pagina: la pecentuale di click infatti decresce molto velocemente all’aumentare della posizione: le prime tre posizioni da sole valgono infatti circa il 60% del traffico.

percent traffic by google result
Percent traffic by Google result (first page)

Personalmente, utilizzo il grafico sopra più in termini qualitativi che quantitativi: non solo infatti la maggior parte delle  SERP infatti è personalizzata per l’utente, ma sempre più spesso Google testa differenti tipi di SERP nelle quali compaiono Google Maps, Google Shopping, Google Hotel Finder.
Inoltre, guardare ciecamente alla posizione fa spesso perdere di vista il fatto che l’obiettivo deve rimanere la conversione ottenuta attraverso una pagina che offra un contenuto di qualità in relazione alla keyword ricercata. Non c’è nulla di più controproducente di una landing page incoerente per l’utente: quando viene analizzato un report di posizionamento, i dati dovrebbero sempre essere accostati alle percentuali di rimbalzo (ovvero di abbandono della pagina), e messi in relazione con la percentuale conversione, sia essa una richiesta di informazioni, un preventivo o un acquisto.

Biblioweek 2013 a Treviso

Una settimana di promozione del libro e delle biblioteche trevigiane all’interno di rete eventi treviso

Programma dal 12 al 20 Ottobre 2013

Roncade – Il racconto del venerdì
HerMan – Oltre la conservazione, per una piena valorizzazione dei beni culturali
Crocetta del Montello – L’anima del paesaggio nel paesaggio dell’anima
Zero Branco – Autunno Rosa
BCM – Incontri con l’autore – La storia idraulica del Vajont