Un indovino ci disse – progetto di finanziamento popolare

“Un indovino ci disse” è il film su Tiziano Terzani, che il regista Mario Zanot vuole realizzare entro Luglio 2014, e di cui è possibile diventare produttori grazie al progetto di finanziamento popolare “Chiamata alle arti”. Contribuisci anche tu!

Tiziano Terzani
Tiziano Terzani

Ricordo di essermi sempre enormemente emozionato nella lettura dei libri di Tiziano Terzani: “Un indovino mi disse”, “In Asia”, “Un altro giro di giostra”, “La fine è il mio inizio” sono state tappe importanti della mia vita. Tiziano è stato una persona incredibile, che si distingueva grazie all’umiltà e semplicità che solo i grandi posseggono. Si trova anche su Wikipedia un bellissimo passo dal suo libro “In Asia”

« Diventai giornalista perché alle corse podistiche arrivavo sempre ultimo. Ero studente in un liceo di Firenze e mi ostinavo a partecipare a tutte le campestri che si tenevano alle Cascine. Non avevo alcun successo tranne quello di far ridere i miei compagni. Una volta, alla fine di una di quelle corse in cui ero davvero arrivato quando il pubblico stava già andando via, venne da me un signore sui trent’anni con un taccuino in mano e mi disse qualcosa come: «Sei studente? E allora, invece di partecipare alle corse, descrivile!». Avevo incontrato il primo giornalista della mia vita e, a sedici anni, avevo avuto la mia prima offerta di lavoro: cronista sportivo al «Giornale del mattino». Cominciai con le corse a piedi, passai a quelle in bicicletta e poi alle partite di calcio. Le domeniche, invece che alle feste da ballo, le passai da allora andando a giro per i paesi e le cittadine della Toscana con una vecchia Vespa 98. «Largo, c’è i’ giornalista» dicevano gli organizzatori quando mi presentavo. Ero un ragazzino e di sport me ne intendevo poco o nulla, ma quella qualifica mi dava lì per lì il diritto a un buon posto d’osservazione e il giorno dopo il diritto alla mia firma in testa a un articoletto con tanto di descrizioni e giudizi sulle pagine rosa del giornale della città. A quei due diritti – direi privilegi – son rimasto attaccato tutta la vita. »

Il regista Mario Zanot, autore di “Anam il senzanome” – l’ultima intervista a Terzani-, era un suo caro amico. L’idea del film “Un indovino ci disse” è nata dal desiderio di portare oltre il messaggio di amore per la vita e di ripudio della violenza che Terzani, da corrispondente di guerra a uomo di pace, ha saputo trasmettere.
Per realizzare il film si sono subito fatti avanti sostenitori in Germania, Svizzera e perfino in Vietnam: l’Italia, che come sappiamo sta attraversando un periodo di profonda crisi di valori oltre che economica, non si è dimostrata altrettanto sensibile: anche Rai e Medusa hanno finora negato il loro contributo. Mario Zanot, vincitore del David di Donatello 2013, documentarista di fama, sceneggiatore, aiuto regista e visual effector in films come Baarìa, Habemus Papam, La miglior offerta, Diaz, ha voluto in questo modo mettere il film nelle mani del pubblico al quale è destinato: con importi anche minimi il proprio nome verrà inserito nei titoli di coda.
Ho avuto l’onore, in qualità di membro del Comitato per San Gregorio, di ospitare Mario Zanot grazie all’interessamento dell’amico in comune Gerardo de Pasquale. Il 5 ottobre alle ore 20:30, nel piccolo gioiello nel cuore di Treviso, la Chiesa di San Gregorio, verrà ospitato l’evento “Chiamata alle arti“. Condurrà la serata Carlo Flora, con la voce recitante di Paola Soligo. Mario Zanot introdurrà la visione di filmati inediti che saranno accompagnati da musiche del quartetto d’archi Archimede e dal trio  jazz TRI-O-GGE77.
L’obiettivo della serata sarà la raccolta di fondi per rendere possibile l’inizio delle riprese. Spero che i trevigiani accolgano l’iniziativa e daranno un contributo per la realizzazione del sogno di Zanot.

Vai al sito sangregoriotreviso.it.

Gli errori del codice HTML penalizzano il posizionamento su Google?

La risposta viene da Matt Cutts, capo del dipartimento anti spam di Google: “Google non penalizza i siti web che presentano errori di codice o un HTML non correttamente funzionante”. Ma…

Gli errori di sintassi HTML di una pagina possono essere facilmente scovati da appositi validatori: il migliore in assoluto è il validatore W3C, ovvero del World Wide Web Consortium. L’assenza di errori HTML garantisce la corretta visualizzazione della pagina, oltre che una maggiore efficienza nel caricamento.
Perciò, anche se la presenza di un errore HTML non costituisce una penalizzazione, possiamo desumere che nella misura in cui un errore HTML può risultare non gradita all’utente, questa si tradurrà indirettamente in una penalizzazione sul posizionamento su Google.
Come ribadito da Matt Cutts in altre occasioni,

“Causation is not correlation”

ovvero il fatto che un errore HTML non produca una penalizzazione, non esclude che i siti con errori HTML siano posizionati peggio dei siti senza errori. Anzi.
Questa affermazione risulta a mio avviso ancora più importante, perchè sottolinea il fatto che Google premia la qualità del contenuto apprezzata dall’utente: non può limitarsi a considerare un errore tecnico come fattore di demerito, ma lo può fare attraverso il giudizio dell’utente!

Sito web gratis … c’è chi ti paga 50 euro!

Alla fine ho ceduto alla tentazione di farlo anch’io, dopo altri che l’hanno fatto prima e meglio. Sito Web gratis? Ti offro 50 euro ed è pronto per domani!

Sito web gratis è nato per gioco, naturalmente. E’ una reazione al bombardamento, e non solo sul web, dell’offerta di siti web gratis professionali e “primi su Google”. Quasi mai chi si realizza il sito da sè ci guadagna qualcosa, questo è certo. Mi sono messo nei panni del “cugino” che fa i siti la sera, nel sottoscala, che, avendo avuto un calo del 300% del proprio fatturato a nero a causa di queste promozioni, decide di pagare 50 euro per poter continuare a fare siti.

Il pretesto mi serve per esporre e condividere alcune riflessioni. C’è ancora troppa incomprensione di fronte al “valore” un sito web, inltre l’informazione corretta è annientata dal “rumore” di fondo e non arriva a chi non possiede degli strumenti corretti per eseguire una valutazione.

Faccio ma me, visto che è facile e risparmio un bel po’ di soldi

Ci sono imprenditori che si avventurano in esperienze fallimentari, con il solo risultato di pensare poi che “internet è una fregatura“. D’altra parte il mercato è reso difficile da un lato a causa dell’offerta a costo zero, dall’altra a causa di un offerta a bassa professionalità, e non sempre basso prezzo. Cerco di fare sempre del mio meglio per trasmettere la mia professionalità, ma sempre mettendomi dalla parte del cliente e pensando a come fargli ottenere il successo che desidera. È fondamentale trasmettere il valore del mio lavoro spiegandolo in modo preciso e dettagliato, spiegando come verrà impiegato l’investimento. Cerco di abbattere l’atteggiamento di diffidenza facendo formazione e fornendo spiegazioni: questa a mio avviso è la strada da seguire.
Tuttavia il mercato è affamato di vendita: si cerca di vendere di tutto, dalle soluzioni “chiavi in nano” fino al corso che in poche ore ti garantisce di poter diventare un esperto. Inorridisco di fronte alla poca professionalità nel proporre corsi di web marketing in 16 ore, al termine delle quali si fa credere di essere esperti!

Che ne pensi? Visita Sito web gratis e lascia il tuo commento!

Blog Marketing: come realizzare un blog di successo

Il marketing, sotto la spinta del web, si arricchisce di continuo di nuovi termini. Uno di questi è il blog marketing, che comprende le attività di marketing finalizzate alla promozione di un blog

Cos’è il blog marketing
In riferimento al web marketing, possiamo affermare che il blog marketing coinvolge gli aspetti che vanno dal content marketing al social media marketing alle attivitá di link building e di SEO, oltre alle attività di promozione del SEM, specifici per i blog.
Chiariamo subito quindi che non si tratta di una nuova disciplina, tuttavia le specificità di un blog richiedono sicuramente delle attenzioni particolari.
Il blog è uno strumento in piena crescita: fashion blogger, travel blogger, food blogger scrivono ogni giorno una grande quantità di post su blog e social media. Intorno ai blogger è concentrata l’attenzione delle aziende, che hanno capito il potenziale ritorno di visibilità che i blog possono portare.
Questo grande ed importante cambiamento riguarda tutta la comunicazione 2.0: oggi al “cliente”, definizione che appartiene a retaggi aziendali ormai passati, non interessa più ascoltare messaggi pubblicitari unidirezionali che parlano di “prodotti innovativi” realizzati da “leader del settore”. Questa rivoluzione “copernicana” dovuta in gran parte ai social media, ha messo al centro quello che le aziende definivano, fino a ieri, un semplice consumatore. In un mondo saturo di ogni prodotto e servizio, per distinguersi, e convincere all’acquisto, è necessario mettersi dalla parte del destinatario del prodotto o del servizio.

Oggi, per essere venduti, i prodotti devono rispondere ai bisogni del destinatario, che deve essere coccolato e fatto sentire al centro della storia.

Le aziende hanno bisogno dei blogger per scrollarsi di dosso la loro autoreferenzialità. Nessun’altro meglio di chi ha provato un prodotto e ha ricevuto una buona impressione, è in grado di comuncarlo efficacemente tramite il passaparola.

Il passaparola è 7 volte più efficace dell’advertising e 5 volte più efficace di una vendita diretta

Naturalmente il principale motore di ricerca, Google, ha capito ed interpretato questo importante cambiamento di prospettiva. Prima, il posizionamento era composto essenzialmente di link popularity: la SEO, chiamata allora “ottimizzazione per i motori di ricerca”, era una sorta di doping che permetteva di arrivare primi alla corsa dei motori di ricerca. Questo naturalmente gonfiava un enorme business intorno alla compravendita di links, con il prevedibile risultato di inquinare le SERP di una grande quantità di risultati non graditi all’utente. Era in gioco quindi la stessa credibilità di Google, che sarebbe stato presto abbandonato se non in grado di soddisfare le richieste dei suoi utilizzatori.
Grazie agli aggiornamenti Panda e Penguin, anche Google ha iniziato a ballare al motto di “The content is the King“, e la SEO è diventata un’attività per le persone anzichè per i motori di ricerca.
Ecco perchè il blogger è sempre di più al centro dell’attenzione: Google ha introdotto temutissime penalizzazioni per tutti quei siti che adottavano una strategia di acquisizione di link non spontanei, e quindi le aziende hanno iniziato a focalizzare la loro attenzione sui blog. Purtroppo ancora non è del tutto così, ma è un dato di fatto che il contenuto sia diventato elemento costitutivo della link building e dell’ottimizzazione sulle SERP.

Il blog è ora il mezzo più efficace, non solo per sviluppare un content marketing efficace, ma anche per le attività di SEO

Qual è la ricetta per un blog di successo? In questo interessantissimo guest post di Donato “Markingegno” Carriero apparso sul blog tagliaerbe, sono sintetizzati i fattori chiave per il successo di un blog:

  • Contenuti (unici, utili e up to date)
  • Stile di scrittura
  • Socialità
  • Reputazione e Popolarità

In questo nuovo contesto, la SEO non è più doping, ma un allenatore in grado di far esprimere al meglio le potenzialità del blog. Piuttosto, noto che la SEO è spesso trascurata, soprattutto dai blogger “indipendenti”, che non hanno la giusta visione delle potenzialità derivanti da un buon posizionamento sulle SERP: le persone cercano risposte sui motori di ricerca e

il 90% degli italiani che usano internet afferma che i motori di ricerca sono lo strumento più efficace per cercare informazioni

La nuona SEO, tolti di mezzo i vecchi “trucchi”, è così diventata incredibilmente interessante e umana, un insieme di fattori che racchiudono aspetti tecnici, contenuti e condivisione sui social network.

Acquisti e Motori di ricerca in Italia nel 2013

Come sappiamo, i motori di ricerca vengono utilizzati per cercare delle risposte, e oggi sono in grado di influenzare in modo rilevante le decisioni d’acquisto: secondo lo studio del 2012 “The E-commerce Future” (pubblicato su Google Think Insights)

il 97% delle decisioni di acquisto cominciano su Internet

Secondo una ricerca che Duepuntozero Research, l’impatto delle ricerche online sui comportamenti d’acquisto non è limitato all’ecommerce, ma è consolidato anche nei punti vendita: emerge, infatti, che il 23% degli italiani decide di acquistare un prodotto in negozio dopo aver effettuato una ricerca tramite smartphone e che 1 su 3 preferisce usare lo smartphone piuttosto che chiedere informazioni ai commessi. Al contrario di ciò che pensano i negozianti, quindi, cercare informazioni online mentre si è in un punto vendita non è necessariamente finalizzato a trovare dove comprare lo stesso oggetto a prezzo più conveniente. Però, in una percentuale rilevante di casi (circa il 30% nel punto vendita e il 79% online) il consumatore ha cambiato idea su un prodotto che stava per acquistare a causa di commenti o recensioni negative trovati in quel momento sul web attraverso i motori di ricerca.

Il numero di ricerche effettuate da dispositivi mobili (in particolare smartphone) sta ormai eguagliando quello delle ricerche da computer su rete fissa: a favore della ricerca mobile giocano fattori quali, appunto, la mobilità, che rende possibile la ricerca quando e dove serve, ma anche la maneggevolezza dei dispositivi, la rapidità, la possibilità di portare con sé le informazioni trovate e, talvolta, anche la disponibilità di app specifiche che velocizzano il tipo di ricerca cui si è interessati. Lo studio ha inoltre rilevato che negli uffici i dispositivi mobili stanno soppiantando i computer per le ricerche in rete, con percentuali del 45% contro il 36%: questo perché, dice Find, gli italiani vogliono mantenere la riservatezza e non rendere visibile al datore di lavoro ciò che cercano sul web.

Ogni azienda che intende avere una presenza efficace sul web dovrà necessariamente avere una versione del proprio sito internet compatibile con i più diffusi dispositivi mobile, o meglio dovrà disporre di un’interfaccia responsive. Dovrà inoltre fare molta attenzione all’ottimizzazione delle landing pages (pagine di “atterraggio” dell’utente che proviene dai motori di ricerca) perchè

  • Il 50 % degli utenti se ne va dalla Landing Page nei primi 8 secondi di visita (fonte: Landing Page Handbook – Marketing Sherpa)
  • 40% dei consumatori abbandona un sito che ci mette più di 3 secondi a caricare. (fonte: ricerca Forrester/Akamai)

SEO Tip #1: Le Keywords sono importanti ma…

SEOtip-1

SEO e posizionamento per ogni entità del Web devono essere considerate una conseguenza, non un obiettivo: Il Web non accrescerà mai la sua qualità finchè le keywords saranno considerate un obiettivo.
Ricordiamo che un buon posizionamento è solo il primo gradino per arrivare alla conversione: cura la tua landing page ancor prima!

4000 delle Alpi

Ecco quali sono i 4000 delle Alpi (Elenco Ufficiale U.I.A.A. nel Gruppo del Monte Bianco)

  • Aiguille de Bionnassay 4052 m.
  • Dôme du Goûter 4304 m.
  • Mont Blanc / Monte Bianco 4807 m.
  • Monte Bianco di Courmayeur 4748 m.
  • Picco Luigi Amedeo 4470 m.
  • Mont Brouillard 4068 m.
  • Punta Baretti 4013m.
  • Grand Pilier d’Angle 4223 m.
  • Aiguille Blanche de Peutérey 4114 m.
  • Mont Maudit 4465 m.
  • Mont Blanc du Tacul 4248 m.
  • L’Isolée 4114 m.
  • Pointe Carmen 4109 m.
  • Pointe Médiane 4097 m.
  • Pointe Chaubert 4074 m.
  • Corne du Diable 4064 m.
  • Dente del Gigante/Dent du Géant 4014 m.
  • Aiguille de Rochefort 4001 m.
  • Dôme de Rochefort 4015 m.
  • Punta Margherita 4065 m.
  • Punta Elena 4045 m.
  • PuntaCroz 4110 m.
  • Punta Whymper 4184 m.
  • Punta Walker 4208 m.
  • Les Droites 4000 m.
  • Aiguille du Jardin 4035 m.
  • Grande Rocheuse 4102 m.
  • Aiguille Verte 4122 m.

Il Nuovo Quattromila delle Alpi

“4000 metri: la quota simbolo delle Alpi occidentali, una quota che esercita un tale fascino da porre ingiustamente in secondo piano ogni rilievo minore. I primi esploratori di queste montagne si lasciarono incantare solo in parte dal livello di altitudine. L’ideale che li spronava era soprattutto un romantico senso della natura: da una parte un insaziabile desiderio di luce limpida e di vette interminabili e dall’altra l’incessante stimolo proprio degli studiosi di geologia, glaciologia, geografia, botanica o anche di storia, filosofia e letteratura. Queste componenti razionali ed irrazionali si fondono, a mio parere, nel mondo dell’esplorazione alpina, a cui si era spinti da impulsi differenti. Le Alpi occidentali funsero da campo d’azione e da “laboratorio” per entrambe le categorie di esploratori, sia per quelli animati da un implacabile desiderio dell’ ignoto sia per quelli sollecitati da una tormentosa ricerca dell’inesplorato. Alla fase delle esplorazioni fece seguito quella delle ascensioni: fra il 1810 e il 1865 furono conquistati 42 “Quattromila”. A questo periodo risale la «golden age» degli inglesi che va dalla metà del XIX secolo al 1865, anno della scalata del Cervino. Con la conquista del Dente del Gigante, nel 1882, si conclude il “Periodo argenteo” delle imprese felici.
Da allora molte cose sono cambiate. Le spedizioni alpine già da lungo tempo non sono più prerogativa dei possidenti dell’Inghilterra vittoriana, di guide d’élite, o di ricchissimi industriali ed intellettuali, bensì possono essere compiute da chiunque. È invece rimasta immutata la volontà di sottrarsi alle condizioni di vita degli agglomerati urbani ed alle limitazioni della vita in società, così come è rimasto invariato il desiderio di confrontarsi da vicino con le forze elementari della natura. Del passato è sopravvissuto anche un certo aspetto sportivo secondo l’esempio britannico del XIX secolo.
La natura dell’alpinista è stata definita già un secolo fa da Eugène Rambert, professore di letteratura francese di Losanna, il quale insegnava che l’alpinista è “in sostanza un uomo che ama l’avventura e che considera la società moderna e il suo modo di vita come una prigione”. Non sempre tuttavia la montagna rappresenta un isola rispetto al ritmo della vita nella moderna società industriale legata al mito del progresso inarrestabile, anch’ essa viene contaminata. E’ di moda essere in forma. Le vette vengono scalate una dietro l’altra spesso nel corso di brevi escursioni, per poi tornare alla routine quotidiana in attesa della successiva opportunità per aumentare il numero delle cime scalate e cancellarle dalla lista. I primatisti mirano a compiere, nello stile della competizione sportiva, imprese sensazionali e fruttuose. Sarebbe tuttavia errato generalizzare. Tali tendenze si sono riscontrate solo sul finire del XX secolo ed inoltre non in proporzioni notevoli, bensì in maniera limitata.”

Helmut Dumler da: “Il Nuovo Quattromila delle Alpi” ed. Zanichelli 1990

Ricordo di Gaston Rébuffat, di Andrea Di Cesare

Di Gaston Rébuffat amo ricordare soprattutto le immagini che lo ritraggono in cima alle guglie del Massiccio del Monte Bianco. Nessun altro, più di lui, ha saputo, nel corso della propria attività alpinistica, unire l’azione fisica al vero estetismo che fa di un alpinista anche un artista, che sappia comunicare a un vasto pubblico le emozioni più profonde capace di trasmettere la montagna, non solo terreno di performance sportiva, luogo in cui coronare discutibili record, ma dimensione poetica, lirica, in cui l’alpinista è romanticamente compreso in un totale accordo con la natura e – se vogliamo – il creato.

Spesso in queste immagini Rébuffat è solo, solo su una cresta, uno spigolo, una guglia svettante sui ghiacciai, a un passo dal cielo. Ciò mi ricorda certi concerti di musica classica, concerti per pianoforte e orchestra, in cui il pianista, romanticamente, affronta in “solitaria” l’intero complesso di strumenti, così come Rébuffat, in completa solitudine, affronta il Monte Bianco.

Non si può ricordare Gaston Rébuffat disgiunto dalla sua macchina fotografica. Sembra quasi che questo indimenticabile alpinista affrontasse le intere fatiche di una salita unicamente per coronare un magnifico scatto fotografico, da tramandare alla storia. E lui nella storia ci è entrato a pieno titolo.

E tra i titoli dei suoi libri, dobbiamo ricordare “Stelle e tempeste” e “Gli orizzonti conquistati”, opere in cui questo artista ci ha saputo trasmettere tutto il suo trasporto per la montagna, in una unione perfetta tra uomo e natura. Tradotti in varie lingue, restano dei classici, scritti da uno fra gli alpinisti più “classici” del secolo scorso. L’alpinismo come lo intendeva Rébuffat purtroppo sta morendo, soppiantato, anzi, schiacciato dall’arroganza, dall’ignoranza di nuove generazioni di “arrampicatori” che nulla sanno della montagna, se non farsi belli della forza dei propri muscoli, capaci di far loro superare difficoltà sempre più estreme su vie preventivamente spittate. Nulla vi è di poetico in tutto ciò, ma solo dimostrazione di forza, forza bruta capace solo di confermare l’insipienza di certi “avventizi” della montagna, che dovrebbero interrogarsi, prima di tutto, in che rapporto sta un uomo con la parete, se questa viene letteralmente “stuprata” da mezzi tecnologici con l’unico scopo di fargli superare in completa sicurezza un passaggio che, altrimenti, non si arrischierebbe a fare nemmeno su un sasso di fondovalle. Ho scritto questa breve memoria su Rébuffat, nella speranza che qualcuno colga ancora il messaggio di questo grande, etico, alpinista, che aborriva la volgarità della forza in sé stessa. Per Rébuffat forza e tecnica non erano un fine, ma un semplice mezzo per coronare il suo rapporto con montagna e natura. Oggi, invece, sembra prevalga l’uso della forza e della tecnica fini a se stesse, una modalità che finirà per svuotare completamente l’alpinismo dei suoi valori più puri.

Andrea Di Cesare

Il senso della cordata

«Il nuovo e l’ignoto non sono nelle cose: sono nello sguardo. Ogni alpinista sa che sulla cima sarà atteso dalla scoperta descritta in un racconto di Novalis: il protagonista, che, alla ricerca di un senso, ha lungamente esplorato la natura e i suoi bizzarri geroglifici, quando giunge finalmente a sollevare il fatidico velo che cela l’ultimo segreto, scopre l’immagine di se stesso» e, scoprendo se stesso, vede l’umanità intera in una prospettiva nuova “ritrovando” – ed è qui l’autentico senso della “cordata” – i compagni di tante avventure. E inoltre, se colui che si “ritrova” non è semplicemente un compagno ma una sorta di “fratello maggiore” «a cui – per usare le parole di Gaston Rébuffat – si guarda con amore e rispetto, che sorveglia il modo in cui ci si lega e che ha per noi premure quasi materne», la scoperta sarà ancora più straordinaria e sconvolgente perché, mai potremo dimenticarlo, «l’amicizia di una persona così ricca non si compera».

Franco Brevini, docente universitario di letteratura moderna e contemporanea