Auguri di Buona Pasqua: come farli?

Devo ammetterlo: sono allergico agli auguri di servizio, come sono allergico ai sorrisi stampati in faccia. Quelli aziendali poi, corrono il serio rischio di essere passati per spot: gratuiti e inopportuni, perchè il messaggio lanciato sfrutta importanti festività religiose, che non meritano affatto di essere commercializzate.

Ricordo come nei primi anni 2000, quando gestivo popolari sistemi di email, gli utenti ancora rispondevano ai messaggi automatici di auguri di compleanno: non so se ancora qualcuno lo fa, spero di no. Poi il web si è evoluto, i social network sono entrati, volenti o nolenti, a far parte della vita di tutti noi, e il modo di comunicare ha fatto passi da gigante.

La scorsa settimana ho partecipato all’evento #Sharing organizzato dalla Mediolanum Corporate University, dove il direttore marketing Oscar di Montigny ribadiva come i social network agiscono come amplificatore di relazioni: le aziende non possono avere più segreti, è arrivata una ventata di trasparenza ed ora devono concentrarsi su come prendersi cura e risolvere i problemi delle persone, piuttosto che distribuire il loro prodotto per il determinato target in cui sei stato categorizzato.

Il mio stile è tagliente, fa parte del mio modo e ricordo come già venti o trenta anni fa una ragazza che aveva interessi – non corrisposti – su di me mi disse “parli poco tu, ma quando parli lanci addosso coltelli affilati”. Scommetto che non avrebbe pensato che avrei portato addosso quella massima così a lungo. Ma mi sale l’orticaria a vedere ancora messaggi del tipo

Gentile Bruno, ***** ***** e il suo staff le augura Buona Pasqua.

Le ricodiamo che i nostri uffici riapriranno Martedì 02 Aprile
***** S.R.L.

E, se non bastasse il triste messaggio, vedo che la mail è stata inviata con i destinatari in copia conoscenza nascosta CCN. La cosa desolante è che neppure aziende che propongono servizi di web marketing sono estranee a pratiche di questo tipo. Mi soffermo a pensare come il mondo sia in rapida evoluzione, ma c’è ancora chi è ancorato a schemi ormai superati – per non dire che non si è evoluto  –  oppure questi professionisti mirano a colpire un preciso target: ad ognuno spetta il proprio cliente.

Colgo allora l’occasione di ringraziare chi lavora con impegno e professionalità, condividendo il proprio know how, confrontandosi ed interagendo all’interno di blog, social network, forum, spazi di quella comunicazione fluida che amiamo.

Impennata per gli acquisti Mobile in Italia

A Febbraio 2013 +165% rispetto al 2012 gli acquisti da dispositivo mobile, che passano dal 4% ad oltre il 10%, secondo dati diffusi nel Netcomm E-Payment 2013 tenutosi a Milano lo scorso 27 Marzo 2013

Ben 13,8 milioni di individui, ovvero il 47,7% dell’utenza internet (35,8% al febbraio del 2012). Sono il 24% gli utenti che dichiarano di aver comprato più di 5 volte nel trimestre: complessivamente 47,6 milioni di acquisti negli ultimi tre mesi. Questi alcuni dei dati salienti diffusi in occasione del Netcomm e-Payment 2013, secondo uno studio di Human Highway sui comportamenti degli utenti, con un focus specifico dedicato all’utilizzo per gli acquisti di device mobili e tradizionali.

“I pagamenti elettronici hanno sempre rappresentato un elemento chiave per lo sviluppo dell’E-commerce nel nostro Paese, soprattutto per via della minore abitudine dei consumatori italiani ad utilizzare per gli acquisti online la moneta elettronica in tutte le sue forme – dichiara Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, Consorzio del Commercio elettronico italiano. Ma oggi stiamo assistendo a un forte processo di innovazione nel settore. Nuove forme di pagamento si sono affacciate su un mercato sempre più ampio, popolato ormai da 14 milioni di individui, che hanno effettuato acquisti nell’ultimo trimestre. Peraltro, assistiamo anche ad una forte evoluzione tecnologica nei device, al punto che smartphone e tablet sono diventati essi stessi strumenti di pagamento. E i consumatori stanno dimostrando fiducia in questo genere di dispositivi, anche per effettuare i propri acquisti, al punto che in un solo anno segnano un incremento del +165% delle transazioni E-commerce. Anche le recenti norme volte a limitare l’uso del contante, congiuntamente all’accettazione degli strumenti di pagamento digitali da parte delle amministrazioni e dei servizi pubblici, inducono a favorire sia la concorrenza fra gli operatori, sia la sicurezza e la trasparenza nelle transazioni a tutto vantaggio degli utenti.”

 

Metodi di pagamento più utilizzati

  • PayPal 36,6%
  • Carta prepagata 24,4%
  • Carta di credito 19,2%,
  • Bonifico bancario 3,7%

Lo studio è proseguito con l’analisi sulla tecnologia NFC (Near field communication), tecnologia che permette di effettuare i pagamenti di prossimità facendo passare il telefonino a pochi centimetri di distanza dalla strumentazione abilitata. Alla domanda se il proprio telefonino fosse abilitato o meno alla comunicazione via Nfc, più della metà dei rispondenti, circa il 50,4%, non possiede o non pensa di possedere un cellulare abilitato; il 12,8% non è sicuro ma crede di avere un telefono con comunicazione NFC e solo il 9,5% ha un cellulare abilitato a questo tipo di tecnologia. Il restante 27,3% non è a conoscenza di questa tecnologia.

I prodotti più acquistati

  • libri (14,8%)
  • abbigliamento, (13,9%)
  • computer o periferiche per PC (11,3%)
  • biglietti di viaggio (9,9%)

Quattro volte su cinque l’acquisto è premeditato e nel 65% si riferisce a un articolo già identificato in modo preciso dall’utente: inoltre il 9% di quanti non hanno ancora utilizzato Internet per eseguire acquisti, ha risposto di essere intenzionato a farlo nei prossimi tre mesi.

BREAD communication – come un logo può nascere dal pane

Questo il logo del network BREAD communication, che riunisce professionisti della comunicazione digitale.

bread-400-pos

Come siamo arrivati alla definizione del logo? C’è alla base l’eccellente lavoro del creative director Gerardo De Pasquale, che ha saputo tradurre le molte – e spesso non chiare – mie idee riguardo al concept.

Il logo ha il compito vitale di rappresentare l’azienda: comunica tramite forma e colore, che devono trasmettere un messaggio coerente per l’azienda.

Com’è nata la decisione di utilizzare il termine “bread”?

Era necessario pensare ad un oggetto che riassumesse insieme i principi di essenzialità, semplicità, e che fosse allo stesso tempo di senso comune ed universale.
L’idea del pane è nata dalla lettura di Pane Nostro di Predrag Matvejevic, scrittore croato che ha insegnato Slavistica alla “Sapienza” di Roma e alla “Sorbona” di Parigi, e amico di Gerardo De Pasquale (“ho l’onore di essere suo amico”, precisa). Il pane è denso di riferimento più del petrolio: alimento antichissimo che prende le mosse più di cinquemila anni fa a sud del mare nostrum, appunto. Essenza stessa di nutrimento, insieme all’acqua, prodotto che scaturisce dalla terra con una forza vitale inaudita.
BREAD vuole essere alimento altrettanto semplice e vitale: semplice come l’idea che sta alla base della creazione del network, vitale perchè è impensabile per ogni azienda, nell’era della post globalizzazione, non usufruire dei servizi di comunicazione, visibilità e marketing che proponiamo.

Una volta scelto il termine “pane”, è iniziato il lavoro sulla forma (in origine, la font) che fosse corerente con la parola, e successivamente il lavoro si è spostato sulla lettera B morsicata.

bread-400-neg

La forma ricorda la baguette tagliata a metà, il morso ci ricorda che bread communication vuole deve essere addentato dal cliente, che è destinato a lasciare un segno sull’azienda.

Il colore è quello del pane, che ricorda quello della terra, con una tonalità lievemente virata al viola, forse inconsciamente – o sub-consciamente – a ricordare la lettura dell’incredibile libro “La mucca viola” di Seth Godin, che spiega come

O sei una mucca viola o non sei nessuno. Straordinario o invisibile. A te la scelta

Come a ricordare che il marketing (quello tradizionale) non funziona più. “Prima del web, le organizzazioni avevano solo due modi per attirare l’attenzione: acquistare costose inserzioni pubblicitarie, oppure convincere i giornalisti a scrivere e parlare di loro. Ma il web ha cambiato le regole” (David Meerman Scott).

Visualizza il logo su Logospire

A Tim Berners Lee il premio della Regina

Quest’anno il prestigioso premio “Queen Elizabeth Prize for Engineering” verrà assegnato a Tim Berners Lee, che dividerà il premio di 1,2 milioni di euro insieme ai collaboratori con i quali ha inventato il World Wide Web: gli statunitensi Robert Kahn, Vinton Cerf e Marc Andreessen, e il francese Louis Pouzin.

“Utilizzzerò gran parte di questa somma – ha affermato Berners Lee, ospite di spicco agli Ict days 2013 di Trento – per nuovi progetti”.

A Trento ha calamitato l’attenzione tratteggiando la città del futuro: smart e soprattutto interconnessa, figlia della generazione degli open data. A disposizione delle aziende e delle amministrazioni pubbliche: «Comprare delle scarpe, per esempio, potrebbe essere semplicissimo: non dovremmo nemmeno ribadire il nostro numero». «Ciò di cui abbiamo bisogno – spiega – è la creatività di gruppo». Inter-creatività, per usare un suo neologismo. L’esito è ambizioso: generare una community capace di fondare un denominatore comune, avvicinare esperienze, pratiche, soluzioni. Il punto di svolta è la costruzione di una piattaforma partecipativa. O meglio: «Universalmente partecipata».

A colmare il digital divide ci sono i dispositivi mobile, capaci di ridurre del 75% la percentuale di chi non accede ad internet.

Assolutamente da vedere la video intervista in esclusiva che Berners Lee ha concesso al Corriere Innovazione.

Universal Analytics rivoluziona la web analytics

Durante l’ultimo Google Analytics Summit è stata presentata la novità in casa Google per il 2013. Universal Analytics è un software di web analytics rivoluzionario, destinato a cambiare profondamente il modo in cui siamo abituati a conoscere i dati di accesso dei visitatori, fornendo nuovi strumenti di analisi che permetteranno di introdurre novità interessanti sulla capacità di analisi e di definizione di scelte strategiche.

La principale novità è costituita dal nuovo protocollo di misurazione basato sull’utente, anzichè sulla visita dell’utente. Ciascun utente avrà un proprio codice identificativo che permetterà di tracciare quali device vengono utilizzati, cosa viene cercato, quanto ci mette a trovare ciò che cerca, e perché acquista i prodotti ed i servizi che gli vengono proposti.

Altra novità è rappresentata dalla sessionizzazione lato server, garantendo la possibilità di tracciare anche conversioni offline (e quindi migliorare la generazione di lead), ma anche di analizzare il proprio ROI in maniera molto più raffinata inserendo la spesa dell’online marketing mix per un’analisi approfondita del ritorno di tutte le campagne (non solo AdWords come era finora). Sempre in questo senso la Universal Analytics proporrà l’estensione dell’uso dei Modelli di Attribuzione delle conversioni dalla versione Premium a quella open. Sarà così possibile per tutti conoscere il valore dei propri investimenti, quindi modulare quelli successivi, in base al percorso compiuto dall’utente, verso la conversione secondo (almeno) 5 modelli proposti da Google Analytics: ultima interazione, prima interazione, lineare, decadimento temporale e sulla base della posizione. Esisterà comunque la possibilità di definire propri Modelli di Attribuzione che seguano ancor meglio la specifica realtà di ogni azienda.

Inoltre, Universal Analytics raccoglierà i i dati di utilizzo specifici delle applicazioni per dispositivi mobile, permettendo di conoscere il rendimento delle applicazioni per cellulari.

Da quando sarà disponibile Universal Analytics?

Universal Analytics è disponibile solo in versione beta aperta a tutti dal 22 Marzo, come annunciato nel blog ufficiale: è possibile richiedere l’accesso alla versione beta tramite una form. Le istruzioni per la configurazione si trovano nel Support di Google: l’implementazione si basa su un file chiamato analytics.js: come specificato, analytics.js e ga.js possono essere utilizzati contemporaneamente.

 

Google reader: cosa faremo dopo la chiusura

A pochi giorni dall’annuncio della chiusura di Google Reader, prevista per il 1 Luglio 2013, sul web si è scatenato l’inferno: molti i disperati alla ricerca di un sostituto, molte le riflessioni sulla motivazione che ha portato Google ad un gesto così estremo. È già attiva una petizione su Change.org che ha superato 132mila firme virtuali.

Digg nel frattempo ha annunciato, all’interno del suo blog, l’intenzione di sviluppare un aggregatore RSS, con tanto di count down.

Partito anche il tam tam su quale sia il miglior sostituto. Feedly, che fornisce un servizio molto simile a quello di Google, pare essere il più avvantaggiato: 500 mila i nuovi utenti in sole 48 ore.

It’s Not Just Reader – Google Kills Its RSS Subscription Browser Extension, Too

sentenzia Techcrunch. Qual è la motivazione ufficiale della chiusura del servizio?

“L’uso di Google Reader è diminuito, e stiamo focalizzando tutte le nostre energie su un minor numero di prodotti”

Ma i più non ci credono. In realtà sembrerebbe un tentativo maldestro da parte di Google di spostare l’attenzione su Google+. Infatti, se un utente è nella tua cerchia perchè è interessato alla tua voce, riceverai i suoi aggiornamenti all’interno del social network. Tale soluzione appare coerente, certo, visto che per il prossimo futuro ci stiamo già aspettando sempre più attenzione da parte di Google sulle condivisioni sui social network (ops … su Google+) e sempre meno importanza alle strategie di Link Building.

Gli aggregatori RSS sono davvero così in disuso, e così poco attuali?

Credo che anche qui dovremo distinguere tra l’utente avanzato e l’utente occasionale. Non voglio affermare che gli RSS siano una roba da smanettoni, ma è chiaro che si tratta di uno strumento avanzato diffuso soprattutto tra gli addetti ai lavori. E purtroppo proprio questi ultimi pagheranno la decisione di Google, dal momento che evidentemente chi usa veramente Google Reader non si accontenterà di andare sui social network, che sono altra cosa. L’aggregatore RSS è utile proprio in quanto permette di filtrare ciò che interessa, evitando la sovrainformazione, soprattutto quella generalista, che viene dai social network. Sembra strano tuttavia che Google stia ignorando una fetta di persone, molte delle quali hanno una posizione strategica all’interno della rete. Questa fetta, tra l’altro, pare non proprio trascurabile dal momento che, secondo buzzfeed, Google Reader is still a significant source of traffic for news, and a much larger one than Google+.

enhanced-buzz-3110-1363274182-0

enhanced-buzz-13120-1363274183-3

Il grafico mostra l’andamento dei referral da Google Reader rispetto a quelli da Google+: si tratta di numeri importanti che Google sta ignorando. Non è che, per caso, Google abbia l’obiettivo di aumentare l’autorevolezza delle influenze sociali pensando di incanalare in Google+ (e quindi … nelle SERP) l’esperienza di una buona fetta di utenti? Tra l’altro, una tale scelta sarebbe anche coerente con la decisione di Google di limitare la visibilità del referrer per le query degli utenti loggati, spostando l’accento su ciò che avviene nel mondo social. Chi vincerà? Dopo la chiusuta di Google Reader, gli utenti si adegueranno o passeranno ad un’altro fornitore del servizio? Riuscirà Google+ ad offrire delle alternative efficienti?

Quai sono le alternative?

Riprendo l’interessante post del blog tagliaerbe: vere alternative sono i news aggregator come Techmeme, che filtrano e raggruppano le notizie più “calde” del momento in base a quantità e qualità delle citazioni, oppure Google Alert, che permette di essere avvisati sulla base del risultato di una nostra query. Le novità vengono poi dai news discovery tool, strumenti che permettono di ricevere notizie aggiornate sui temi di interesse. Prismatic e Trap pongono al centro i nostri interessi e ci consentono di avere una visione proiettata in avanti. In sostanza, condivido l’affermazione di Davide Pozzi “Forse la prossima chiusura di Google Reader sarà un bene”.

 

Google premierà sempre più la qualità dei contenuti

Matt Cutts annuncia l’aggiornamento dell’algoritmo Panda per il 16-18 Marzo: Google premierà sempre più la qualità dei contenuti

Il nuovo aggiornamento, annunciato da Matt Cutts al Search Marketing Expo, è stato studiato per penalizzare i siti che eseguono attività di promozione fornendo contenuti di scarsa qualità per l’utente, con particolare attenzione a spam e network di link. Al centro dell’attenzione siti che si basano su liste di link senza fornire un valore aggiunto.

Gli algoritmi di Google sembrano muoversi inequivocabilmente nella direzione di un’analisi sempre più raffinata delle pagine web e verso il miglioramento dell’accesso alle informazioni rilevanti, personalizzate a seconda del cluster di utenti.

Posted in SEO

Restyling sito internet. E il posizionamento sui motori di ricerca?

Solitamente si rinnova il sito internet pensando prima di tutto all’aspetto visuale. Ma la migrazione da un sito ad un altro rischia di far crollare gli accessi se non eseguita correttamente

Ricevo una telefonata, mi dicono con tono preoccupatissimo

il nostro sito faceva una media di 60/70 visitatori al giorno, da quando abbiamo messo on-line il nuovo sito abbiamo avuto un crollo del 60%. Il Webmaster che ci ha fatto il sito ci aveva assicurato che con wordpress il sito si sarebbe indicizzato benissimo. Potete aiutarci?

“Certo, posso aiutarla, rispondo”. Una prima rapida occhiata alle pagine indicizzate e scopro il peggio: il vecchio sito è stato parcheggiato in ua cartella “old” e sta ancora lì, con tutti i suoi vecchi contenuti che il webmaster ha diligentemente copiato sul nuovo sito.
Vorrei rispondere “ma il suo sito ha un sacco di pagine indicizzate”, riferendomi all’evidente confusione fatta tra indicizzazione e posizionamento. Ma vado oltre. In questo caso il cliente ha deciso di ricorrere all’esperto di Web Marketing nel momento in cui si è trovato nei pasticci, non immaginando che la migrazione al nuovo sito potesse nascondere delle insidie.

Vediamo quale sarebbe stata la procedura corretta. Ecco alcuni punti:

  • spesso mi chiedono se è necessario acquistare un nuovo dominio. No, non è necessario –  a meno che non ci siano motivi validi per farlo -, anzi potrò sfruttare il pagerank del sito esistente senza di dover ripartire da zero (e ovviamente manterrò il mio brand).
  • raccolta di tutte le url del sito, prima dell’aggiornamento.
  • trasformazione delle vecchie url in nuove url tramite permanent redirect 301.
  • fare il backup del vecchio sito in locale, non su server! Questo ha prodotto l’indicizzazione sia del vecchio sito che del nuovo sito, con l’ulteriore danno dovuto alla presenza di contenuti duplicati (questo comporta sempre una penalizzazione dei motori di ricerca).
  • wordpress è un CMS, non ha il compito nè lo scopo di “indicizzare” un sito internet. WordPress ha dei plugin che permettono di eseguire l’attività SEO, ma sono degli strumenti che vanno utilizzati per poter produrre un qualche risultato. Insomma, è evidente che anche avere uno strumento a disposizione e non usarlo è equivalemnte a non averlo affatto.

Perchè è sbagliato mettere in una cartella il vecchio sito

  1. Le url indicizzate daranno “file not found” e perderanno tutto il loro pagerank (con conseguente crollo del posizionamento che avevano, e impossibilità da parte dell’utente di accedere alla pagina).
  2. Le nuove url nella cartella verranno a sua volta indicizzate, producendo un gran caos tra pagine vecchie e pagine nuove.
  3. Se le vecchie pagine hanno contenuti molto simili alle nuove pagine, sarò ulteriormente penalizzato a causa dei contenuti duplicati.

Google penalizzerà le aziende che offrono scarsa qualità

Un tuo cliente ha acquistato online un tuo prodotto o un servizio, ed è rimasto deluso? Presto Google potrebbe decidere di penalizzarti: entro la fine dell’anno (o anche prima), infatti, Google introdurrà un fattore di demerito del ranking, analizzando l’esperienza online degli utenti.
È lo stesso Matt Cutts a darne l’annuncio

“We have a potential launch later this year, maybe a little bit sooner, looking at the quality of merchants and whether we can do a better job on that, because we don’t want low quality experience merchants to be ranking in the search results

L’intenzione è quella di proteggere gli acquisti online, e quindi rendere più sicuro l’e-commerce. Stiamo cercando di intervenire – afferma –  per garantire che le realtà commerciali di bassa qualità non siano ben visibili tra i risultati di ricerca.

Ma come farà Google a dare questo punteggio di qualità?

Avranno notevole rilevanza le cattive recensioni degli utenti, tuttavia non potrà non tenere conto del fenomeno della crescita delle recensioni fake. Matts prosegue

“We are trying to ask ourselves, are there other signals that we can use to spot whether someone is not a great merchant, and if we can find those, and we think that they are not all that spammable, then we’re more than happy to use those.”

Ci saranno quindi altri segnali che verranno utilizzati per individuare i cattivi merchant, al di là dello spam presente nella rete. Ritengo che l’intenzione di Google sia quella di risalire direttamente alla reputation del merchant data da fonti autorevoli. La mia impressione  è che Google stia andando verso la certificazione dell’utente, e in questo processo Google+ avrà un ruolo chiave.

Probabilmente questo tipo di penalizzazione coinvolgerà solo casi particolari, come il noto caso del novembre del 2010,  quando il New York Times scrisse un articolo sulla “Decor My Eyes”, azienda produttrice di occhiali da sole, e sul fatto che il proprietario, Vitaly Borker, era convinto che gli utenti che si lamentavano online dei suoi servizi lo aiutavano in realtà ad avere posizioni migliori nelle SERP, confermando il famoso detto “non è importante cosa si dica di me, l’importante è che se ne parli”.

Google Hotel Finder nelle SERP italiane

Google Hotel Finder è un servizio che Google ha iniziato a testare ormai da Luglio 2011 in lingua inglese e con valuta in dollari.

Che cosa permette di fare Google Hotel Finder?

  • Trovare gli hotel in base alle caratterisiche desiderate:  prezzo, posizione e valutazioni degli utenti
  • Reperire informazioni dettagliate ed accurate attraverso una scheda
  • Valutare la posizione dell’Hotel per decidere se è comoda rispetto alle esigenze
  • Tenere traccia degli Hotel selezionati (shortlist)
  • Metterti in contatto con gli Hotel e fornitori, prenotare una stanza, chiedere informazioni

Non sappiamo ancora se si tratta solo di un test di Google, ma il servizio è ora disponibile anche sulle SERP, in modo equivalente alla presenza di google shopping per quando riguarda gli acquisti.

google hotel finder
Guida a Google Hotel Finder